Titolo:
Full Metal Mind
Produzione:
IFDUIF Film – co.coo film 2017
Durata:
78 minuti
Autore:
Mirko Aretini
Regia, fotografia, montaggio, suono:
Mirko Aretini
Anno:
2017
Pal – Full Hd – Stereo – Colore / bn
Cast:
FRANCESCO TESEI – GORAN BREGOVICH – PAOLO VILLAGGIO – GIORGIO NARDONE – MOGOL – GINO STRADA – NICOLAI LILIN – ASCANIO CELESTINI – PAOLO ROSSI – ALESSANDRO BERGONZONI – ANDREA ZURLINI – JACOPO FO – DANIELE FINZI PASCA
Trailer:
Sinossi :
È successo a tutti di passare un brutto periodo e sentirsi impotenti di fronte agli eventi della vita che appaiono fuori controllo. A chiunque è capitato almeno una volta di fare una brutta figura, ma spesso accade di restare bloccati proprio nella paura stessa di fare brutta figura; o più semplicemente il terrore di non sentirsi all’altezza e deludere le aspettative. Il tempo sembra fermarsi, ma in quella paura finisce che si invecchia.
Usiamo i nostri miti personali come esempi a cui ispirarsi e da seguire, in cui trovare coraggio e ispirazione (di vita, ma anche creativa) non considerando però che ognuno di noi – tutti gli esseri umani sulla terra indipendentemente dal colore della pelle, etnia, ragione sociale o credo religioso- hanno paura di qualcuno o qualcosa. Nutriamo gli stessi dubbi e le medesime insicurezze ma abbiamo semplicemente modi diversi di viverle, esprimerle e reagire.
È questo il punto focale di questo film documentario : Paura,ansia da prestazione, ricerca di un’identità e di una sicurezza.
Cosa ci spaventa e fa paura ? Di cosa sei insicuro ? Quanto restiamo bloccati dall’insicurezza di non essere all’altezza ?
Perché ad un certo punto il senso di tutto, oltre la paura e le incertezze, al di là del coraggio e di sentirsi all’altezza nelle situazioni bisognerebbe pensare “goditi la vita e vaffanculo tutto il resto”.
In questo film documentario profondo e provocatorio si parla di tutto questo con l’intenzione di creare un vero trattato sociologico della paura quotidiana, in ogni forma e variante, che è un pò il senso di ognuno di noi e della vita stessa, attraverso le parole schiette di importanti personaggi del mondo dell’arte (cinema, musica, letteratura), rinomati chef gastronomici, medici e architetti, dirigenti, professori e operai ma anche coloro che ancora devono trovare il proprio posto nel mondo e non sanno cosa fare di se stessi e come gestire ciò che li circonda.
Paura in senso lato – scavare nel profondo di ognuno di noi
La paura fa parte della condizione umana. Anzi ne è una dimensione essenziale e irrinunciabile. L’esistenza dell’uomo è radicalmente attraversata da conflitti interiori ed esterni, che mettono a dura prova la sua capacità di resistenza.
Le difficoltà di rapporto con gli altri e il conseguente stato di solitudine esistenziale, la minaccia sempre incombente della natura, le frustrazioni personali, che accompagnano i processi di crescita individuale e collettiva e, più profondamente, l’orizzonte onnipresente della morte sono altrettanti “sintomi” di una situazione di malessere ontologico, che suscita paura e persino disperazione.
A ciò si deve aggiungere, oggi, il diffondersi di un senso generalizzato di impotenza, che sembra allargarsi a macchia d’olio e diventare un tratto caratteristico della coscienza umana. Il crollo di attese, fondate sul progresso o sulla liberazione socio-politica e alimentate da ideologie e utopie di messianismo terrestre, finisce per rinchiudere sempre più l’uomo dentro se stesso, spingendolo verso l’isolamento e la rinuncia o verso forme di irrazionalità incontrollata, che spesso sfociano nella violenza.
Il ritorno al “privato” e, in certa misura, la stessa rinascita del “sacro” sono segni emblematici di questo itinerario; rappresentano cioè il tentativo – consapevole o inconscio – di sottrarsi a una situazione di disagio e di paura, evadendo dal mondo e creandosi un mondo alternativo, una sorta di paradiso artificiale al quale ancorarsi o dentro il quale ritrarsi per poter sopravvivere.
A ben guardare, disimpegno e violenza sono come due facce della stessa medaglia. Nascono dal rifiuto della realtà, considerata invincibilmente opaca e senza senso. Sono il segno di una follia collettiva, di una maniacale tendenza autodistruttiva, che, a livelli diversi e con diversi esiti, sembra essersi impossessata dell’umanità.
Dunque, in che modo l’arte può aiutarci in tutto questo ? Sicuramente sensibilizzandoci affrontando le tematiche che, guarda caso, sono spesso focalizzate su tematiche di critica e denuncia inerenti l’uomo e il tempo che sta vivendo: Lotte di potere e corruzioni socio-politiche , guerre , povertà , precariato, disoccupazione, immigrazione , omosessualità, affermazione di un diritto democratico “liberi di essere, fare e dire”. Libertà e ricerca di identità , dunque, fanno parte del lavoro di educazione dell’arte ,in cui l’artista stesso, per primo e più di tutti, si mette in gioco a indagare sul proprio io interiore, la condizione umana e tutto ciò che ci circonda.
Si può essere bravi artisti e al tempo stesso bravi uomini, grandi persone e pessimi artisti ? La risposta è certamente scontata, ma per niente banale risultano le sfaccettature multiple della mente umana che influisce sul nostro modo di pensare e determina il modo di agire (o non agire). È proprio in quelle microsfumature apparentemente invisibili che prende corpo il senso di ognuno di noi, rendendo palpabile l’entità di un pensiero, l’unità umana, attraverso le paure da cui tutti si nascondono, fuggono, o combattono.
Come tutti sappiamo, a volte può annebbiarci ogni facoltà intellettuale.
Per questo motivo è fondamentale accettare che avere paura è qualcosa di inevitabile e normale, appartiene alla condizione umana, ma ancora più fondamentale è capire di cosa, come mai, e soprattutto come possiamo fare per superarlo. Il lavoro è specialmente incentrato ad un’identificazione delle paure che io amo definire “invisibili”, ovvero attorno a noi e dentro noi, impercettibili ma tangibili. Non è la paura di un ragno, un cane, la paura del buio, piuttosto che del vuoto e via dicendo. Anche se mai come oggi, in questa epoca, ci stiamo abituando al concetto di paura come una grossa minaccia oscura che può colpire tutti e il contrario di tutti e mai come oggi, complici guerre e terrorismo, la gente riflette sulla paura.
Io voglio però parlare di una paura meno terrena e materiale e che più coinvolge l’uomo nel suo privato, nella sua intimità fatta di dubbi e certezze, come spesso emerge da queste riflessioni:
le paure maggiori sono esattamente quelle invisibili, appunto, come la consapevolezza della morte o il tempo che scorre e non torna,
un ricordo che sbiadisce, il timore di non arrivare in fondo al mese nonostante gli sforzi e i sacrifici (perché a volte osare, esattamente come i sogni, può anche costare) ,la perdita di persone care più che di se stessi e il pensiero costante di volere un mondo, se non migliore, perlomeno che possa garantire più serenità alle nuove generazioni. È in questo che si trovano i punti cardini dell’uguaglianza, è qui che vediamo il mito-la star- il genio- la grande mente – apparire vulnerabile come è nella natura umana e dunque è qui che si abbattono tutti i muri, i pregiudizi e le differenze tra noi.
Ma a questo aggiungo anche la paura di mettersi a confronto con se stessi e riflettere, la paura di osare che tante volte ci fa perdere occasioni e ci limita nelle decisioni. Restiamo bloccati per paura di non essere all’altezza o che la fortuna non girerà mai dalla nostra parte o che “tanto anche se mi presento sceglieranno qualcun altro” o “inutile che tento tanto non riesco”…e magari quella persona eri tu, il potenziale candidato e prescelto siamo tutti noi, dobbiamo solo avere il coraggio di diventarlo. Come si fa a prendere una persona e accompagnarla per mano dentro se stesso ? ? È questa la “missione” di Full metal mind, sensibilizzare lo spettatore e stimolarlo ad una presa di coscienza più amplia e ricettiva. Accompagnarlo attraverso parole e riflessioni che possono stimolare lo spettatore nel viaggio più sorprendente e immaginifico che ci sia : Quello interiore, di scoperta e conoscenza di se, attraverso la “paura” in senso lato (che significa tante cose diverse, ormai, come avrete capito) per trovare un grande mosaico in cui ognuno ritrova se stesso e tutti noi.
“Full metal mind – film documentario di Mirko Aretini
Sotto la superficie – introduzione alla riflessione collettiva.
Nietzsche diceva che l’uomo non riesce a separarsi dalla natura e dalla materia, ci sono cose che fanno parte di noi in modo ineluttabile. Lo spirito è un inganno, una maschera con la quale cerchiamo di nascondere il dolore della vita. Fin dall’inizio dei tempi, l’homo sapiens ha dovuto fare i conti con la sofferenza : soffriva di freddo, di sete, di fame, malattie incurabili e contagiose, dolori incontrollabili, sensazioni di impotenza e ingiustizia che a distanza di intere epoche storiche le viviamo anche oggi anche solo attraverso milioni di bambini e neonati in molti paesi del mondo.
Questo per dire che la spirale della paura è il simbolo di una condizione umana che finora nessuno è riuscito a rendere serena, ce la portiamo dentro senza il bisogno di affrontare la crudele sofferenza della vita, né tantomeno essere costretti per forza a parlare di morte, di dolore fisico o spirituale insopportabile, piuttosto che guardare con retorica distaccata alle tremende realtà delle guerre e delle carestie che toccano moralmente tutti noi ma che, fondamentalmente, possono realmente toccare fino alla più profonda comprensione solo alcuni di noi : quelli che non hanno scelta, che ci sono nati, ci sono cresciuti, e sono costretti a viverlo quotidianamente e farci brutalmente i conti.
Bisogna dire senza ipocrisie che se la domanda -“Di cosa hai paura?” – la poniamo a una persona cresciuta in Svizzera, rispetto a quello che risponderebbe una persona cresciuta nel Darfour, l’esito del quesito e della riflessione sarebbe “banalmente” e drasticamente diverso .
Sono ovvietà talmente distanti, tra le parti, da unirle nella certezza che comunque sia l’uomo appartiene alla paura e la paura appartiene all’uomo. E per questo non è un caso, indipendentemente dalle naturali differenze e distanze di cui sopra, che la risposta più istintiva alla domanda “Di cosa hai paura?” spesso porta alla stessa conclusione, con significati però diversi per ognuno, ma che per forza di cose abbatte le distanze tra gli uomini, le razze, le culture e i credo religiosi : La morte. È il primo pensiero, la prima risposta istintiva quando si chiede una riflessione più profonda e insista nell’animo umano e nel significato delle nostre esistenze a cui noi dobbiamo dare risposta dopo aver creato le giuste domande. Ne parliamo poco perché è una certezza di tutti, non serve ribadire l’ovvio, ma questa considerazione può tornarci utile per cercare in ognuno di noi, dentro e attorno a noi, lo stimolo necessario a non sprecare le occasioni della vita. È un’ombra scura e invisibile che aleggia inevitabilmente sull’intero pianeta, ci accompagna attraverso il tempo e le persone arrivate prima di noi o semplicemente più sfortunate, segnate da un destino e un tempo diversi. Tutto questo ci serve per scoprire noi stessi e valorizzare il modo in cui cerchiamo di scorrere col tempo.
È una consapevolezza che dovrebbe spronarci alla voglia di fare, la curiosità di essere, nel tentativo di non dare mai nulla per scontato e cercare sempre una produzione di senso nelle nostre azioni. È molto probabile che nessuna iniziativa umanitaria, nessuna retorica etico-religiosa, nessuna invenzione scientifica e politica demografica potrà mai cancellare le dolorose incertezze della nostra vita. Quella di noi è una storia che si ripete, e nessun progresso storico riuscirà mai a liberare l’uomo, in senso lato e umanamente unificato , dall’ostinata compagnia della paura nelle sue diverse forme : la paura istintiva, la paura riflessiva, la paura della fine, la paura …della paura. Quello che per alcuni può sembrare un cupo e grigio pensiero, dunque, va inteso semplicemente come la porta di accesso al corridoio che porta alle mille e più stanze del nostro io interiore. Capire chi siamo davvero, come singoli individui, e non limitarsi ad accettare passivamente ciò che l’ambiente circostante induce a farci diventare.
Essere parte della società, dell’essere sociale, e non semplicemente un riflesso inconscio della società e le mode passeggere del suo tempo : Comprare un certo tipo di scarpe nel momento in cui tutte le indossano o vorrebbero indossarle, ascoltare in modo ossessivo una canzone per un certo periodo di tempo ,solo perché tutti in quel momento la ascoltano – piuttosto che andare al cinema a vedere un film perché ci sono manifesti in tutta la città e le sale piene e quindi per questo vi convincete che sia bello senza sapere di che parla – rinunciando così al diritto di scegliere in base al proprio gusto personale…vi chiedete mai quanto tutti noi, ognuno a modo suo, è subdolamente condizionato in qualche misura a quello che ci viene passivamente propinato in modo invasivo, come se fosse davvero l’unica possibilità di scelta ? Vi chiedete mai, intimamente, nel perseguire le mode del momento se davvero è quello che volete ? Quel paio di scarpe per cui tutti sono disposti a spendere fa davvero al caso vostro ? Quel film che riempie le sale, è davvero ciò che vi interessa vedere ? Quella canzone ossessiva che non vi esce più dalla testa, è ciò che vi andrebbe realmente di ascoltare e canticchiare senza che ve ne rendiate conto ? E infine, vi fermate mai davanti a uno specchio chiedendovi chi siete realmente ? Cosa volete da voi stessi e dalla vita, senza che sia una risposta frettolosa dettata dalle regole del gioco ? Perché al di là dello spirito siamo fatti di carne e a volte consumiamo e veniamo semplicemente consumati, senza nemmeno rendercene conto. E se superate l’apparente coltre di pessimismo, esattamente come la paura della morte, troverete in realtà l’altra faccia della medaglia che si manifesta in un inno ottimistico alla vita e un invito alla più grande esplorazione che l’essere umano possa mai compiere : quella dentro se stessi.
Soltanto così capiremo meglio ciò che vogliamo capire, individuando le isole felici e le zone d’ombra del nostro animo, pregi e difetti, ma soprattutto paure che troppo spesso limitano l’orizzonte e il potenziale di quello che ognuno di noi potrebbe essere davvero.
Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’essere umano.
Ho voluto scrivere queste parole per accompagnarvi insieme a me in questo ambizioso viaggio, cercando così di allargare il punto di vista della riflessione in modo più approfondito, sotto la superficie dell’apparenza tematica inerente il concetto di paura. A tutti capita almeno una volta nella vita di avere paura, e poi bloccarsi cercando una soluzione che non arriva o un senso che sembra sfuggire. Non ho problemi ad ammettere personalmente che mi sono trovato più volte ad aver paura, in qualche modo. E spesso ho compreso che fondamentalmente, le mie paure, potevano essere anche le paure degli altri.
Per questo motivo ritengo che è una cosa che ci avvicina e accomuna, come individui, indipendentemente dalle nostre intrinseche differenze. Perché così spesso la paura ci rende rende aggressivi e perché la nostra aggressività e la prepotenza degli altri sono spesso strettamente intrecciate da un unico invisibile legame. Aggrediamo per paura, fuggiamo e piangiamo per gli stessi motivi, ma talvolta diventiamo anche qualcos’altro, per paura che qualcuno possa vederci per quello che siamo in realtà e sentirci, così, nudi e vulnerabili.
Mi domandavo, in sostanza, qual era il rapporto fra la paura, l’aggressività e la violenza e tutti questi misteriosi blocchi emotivi, umani o intellettuali, che limitano e plasmano le scelte o le decisioni delle nostre vite e quelle dei nostri simili . A tutti noi è capitato di sentirsi una goccia nel mare, una foglia nella foresta, un granello nella sabbia, totalmente persi e al tempo stesso completamente uniti da qualcosa di più grande, immenso e pericolosamente dispersivo.
Questo film- documentario, quest’opera filmica (o chiamatela come volete) non vuole dare risposte -che sarebbe pretenzioso e arrogante anche solo credere di poter trovare come assolute – bensì raggiungerà il suo scopo e dimostrerà il suo valore – indipendentemente da “bello” o “brutto” – solo e soltanto con la partecipazione morale, umana, e profondamente spirituale di voi, pubblico, la vostra voglia di essere curiosi e guardarsi dentro senza presunzione né vergogna, senza vincitori o sconfitti, migliori o peggiori, ma semplicemente riflettendo attivamente nel vostro intimo.
L’anima di ognuno di noi.